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6.


Per vincere il nemico conviene rispettarlo, suona un prudente adagio. Non s’illudano per niun conto gli Italiani, e studino il campo nemico ben più che il proprio; chè ne trarranno notevoli ammaestramenti per superarne il valore e l’audacia sotto ogni aspetto.

Molti giornali e forse il più gran numero solleticano il nostro sentimento nazionale, tessendo brillanti narrazioni sullo stato di dissoluzione, dicono essi, in cui trovasi l’impero austriaco. È uno spasimo a non più finirne. Io sono ben lungi dal far eco a questi ottimisti, tenendo per fermo che in tal guisa si nuoca più che non si giovi al trionfo della causa italiana.

So bene ch’essi operano di buona fede, e credono essere nel vero, anche quando esagerano la portata degli interni malori che rodono lentamente il colosso austriaco. Ma questo colosso ad onta dei più sinistri vaticinii, e dei suoi piedi di argilla, non cessa dallo stare ritto, e ritto e minaccioso più ch’altri nol pensa. Molte volte vedendo le schiere austriache e pensando allo stolto appellativo di barbari che solevasi dar loro, mi venne alla mente quel passo di Plutarco in cui Pirro disse a Meacle nel vedere le schiere romane: «quest’ordinanza dei barbari non ha punto del barbaro!» Le illusioni fecero agli Italiani troppe ferite perchè io m’astenga di dir loro l’animo mio anche a costo di parere fantastico, e di essere tacciato in senso opposto di visionario.

Opera quindi di buon cittadino, quantunque ingrata, io tengo quella di consigliare gl’Italiani e la gioventù in ispecial modo a non fidarsi di tali seducenti disserta-