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ricamati d’argento; Meroe, la più bella delle belle figlie di Tessaglia, lo sapete. Ella è maestosa come le dee, eppure v’è ne’ suoi occhi una non so quale fiamma mortale che incoraggia le pretese d’amore. Oh quante volte mi sono immerso nell’aria ch’ella trascina, nella polvere che i suoi piedi sollevano, nell’ombra fortunata che la segue!... Quante volte sono corso davanti a lei per rapire un raggio a’ suoi sguardi, un soffio alla sua bocca, un atomo al vortice che molce e accarezza i suoi movimenti, quante volte (Telaria me lo perdonerai tu?) io spiava l’ardente voluttà di sentire una delle pieghe del suo vestito fremere contro la mia tunica, o di potere raccogliere con avide labbra una delle pagliuzze staccatasi da’ suoi ricami nei viali del giardino di Larissa! Quando ella passava, vedi, tutte le nuvole rosseggiavano come all’avvicinarsi della tempesta; fìschiavarmi gli orecchi, le mie pupille s’oscuravano nell’orbita smarrita, il mio cuore era presso ad annientare sotto il peso d’una gioia intollerabile. Ella era là! io salutava le ombre che avevano svolazzato su di essa, aspirava l’aria che l’aveva toccata; io diceva agli alberi dello rive: Avete visto voi Meroe? so ella s’era posata sur un’aiuola di fiori, con qual geloso amore io raccoglieva i fiori che il suo corpo aveva schiacciato, i bianchi petali imbevuti di carmino che decorano la fronte china dell’anemone, le freccie abbaglianti che spiccano dal disco d’oro della margherita, il castissimo velo girantesi intorno ad un giovane giglio prima che egli abbia sorriso al sole, e se io ardiva premere con sacrilego abbraccio tutto questo letto di fresca verdura, essa m’incendiava con fuoco più sottile di quello con cui la morte ha tessuto i vestimenti notturni d’un febbricitante. Meroe non poteva a meno di rimarcarmi, ero da per tutto. Un giorno all’avvicinarsi del crepuscolo trovai il suo sguardo; sorridente; ella mi aveva sorpassato, il suo passo si rallentò. Io ero solo dietro di lei, io la vidi retrocedere. L’aria era calma e non disordinava i suoi capelli, pure la sua mano alzata se li riavvicinava per riparare al loro disordine. Io la seguii, Lucio, fino al palazzo, fino al tempio, della principessa di Tessaglia e la notte discendeva su noi, notte di delizie e di terrore... Oh se essa fosse stata l’ultima della mia vita!

Io non so se tu abbia sopportato mai con una rassegnazione mista d’impazienza e di tenerezza il peso del corpo dell’amante addormentata che si riposa sul tuo braccio disteso senza pur sospettare che tu soffri, non so se tu abbia allora tentato di lottare contro il fremito che si impadronisce a poco a poco del sangue contro l’indolenzimento che incatena i tuoi muscoli sottomessi, di opporti alla conquista della morte che minaccia di