Pagina:Nodier - Racconti Fantastici, 1890.djvu/46

42 racconti fantastici

del circoli prudenti, a volte colla testa alta, il muso in aria, il corno tutto di un pezzo, la coda dritta e verticale come un pinolo; a volte fermo, indeciso volgendo or l’uno or l’altro de’ suoi occhi al suolo per applicarvi il suo fino orecchio di kardouon, o l’una o l'altra delle sue orecchie per rialzare lo sguardo; esaminando a dritta e a sinistra ascoltando da ogni parte, vedendo tutto, rassicurandosi sempre più, camminando veloce un tratto come un bravo ramarro, o ritirandosi su sé stesso palpitante di terrore come un povero ramarro, che si sente perseguitato lontano dal suo buco e poi tutto felice e fiero, arcuando il suo dorso, arrotondando le spalle a tutti i giuochi della luce, scorrendo le crespe della sua ricca gualdrappa, ergendo le squame dorate della sua cotta a maglia, verdeggiando, ondeggiando, fuggendo, lanciando al vento la polvere sotto le sue dita e frustandola colla sua coda. Era senza contrasto il più bello dei kardouon.

Giunto al tesoro egli vi posò due sguardi acuti, si irrigidì come un bastone, si raddrizzò su suoi piedi davanti e balzò sulla prima moneta d’oro che s’offrì a’ suoi denti.

Ei se ne ruppe uno.

Il ramarro strisciò dieci passi indietro, ritornò più cauto, morse più modestamente.

— Sono maledettamente secche, disse. Oh i Kardouon che amano così le fette di carote per la loro posterità han la colpa di non tenerle in un luogo umido, dove esse conservino le loro qualità nutrienti. Bisogna convenire, soggiunse tra sé, che la famiglia dei ramarri non ha di molto progredito! Per me, che desinai l’altro giorno e che non sono, grazie a Dio, pressato a far un cattivo pasto come un ramarro qualunque, trasporterò questa vivanda sotto il grand’albero del deserto, tra le erbe umide per la rugiada celeste e la frescura delle sorgenti. Io dormirò li accanto sulla sabbia dolce e fina riscaldata dal principiar dell’alba; e quando un’ape malcapitata che si leva tutta stordita dal fiore in cui ha dormito, mi sveglierà co’ suoi ronzii, turbinando come una pazza, darò principio alla più bella colazione da principe che mai abbia fatto un ramarro.

Il ramarro di cui parlo, era un ramarro di fatti, ciò che diceva, faceva, e ciò è molto. A sera tutto il tesoro trasportato moneta per moneta si rinfrescava inutilmente sur un bel tappeto di musco dai lunghi fili piegantisi sotto il suo peso. Al di sopra un albero gigantesco stendeva i suoi rami lussureggianti di verdi foglie e di fiori come per invitare i passanti a gustare un gradevole sonno sotto la sua ombra. E il ramarro stanco si addormentò tranquillamente sognando radici fresche.

Questa è la storia del ramarro.