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42 | racconti fantastici |
stabile che tutto il sapere, tutta la filosofia, tutta la poesia se non sono là invano ne cerchereste in altro luogo, io ve lo garantisco.
Mentre procedeva cosi nell’inventario delle sue ricchezze, Tesoro delle Fave si senti colpito dalla sua immagine riflessa in uno degli specchi di cui tutti i saloni erano adorni. Se lo specchio non mentiva, ei doveva essere cresciuto oh, prodigio! più di tre piedi dalla sera prima, e in fatti i baffi bruni che gli ombreggiavano il labbro superiore annunciavano chiaramente esser lì lì per passar da un’adolescenza robusta a una giovinezza virile. Questo fenomeno lo inquietava un po’, quando un pendolo superbo posto fra due specchiere, gli permise con suo gran rammarico di spiegarlo. Una delle lancette segnava la quantità degli anni e Tesoro delle Fave s’avvide senza punto poterne più dubitare che egli era in realtà invecchiato di sei anni.
— Sei anni! sciamò, disgraziato! I miei poveri genitori sono morti di vecchiaia e forse di stenti, forse, ahimè! son morti di dolore per la mia perdita! e morendo che mai avranno pensato dei mio crudele abbandono e della mia compassionevole sventura? Maledetto calesse! capisco ora come tu faccia molta strada, poiché tu divori anche molti giorni ne’ tuoi minuti! Partite dunque, partite cece! continuò levando il cece dalla borsetta, lanciandolo dalla finestra. Andate tanto lungi, dannato cece, che non vi riveda più. D’altronde non si è mai visto, secondo me dei ceci in forma di sedia da posta che fa cinquanta leghe all’ora.
Tesoro delle Fave discese gli scalini di marmo più triste che non avesse mai fatta la scala del granaio delie fave. Uscì dal palazzo senza pur vederlo, camminò nell’arida pianura, senza badar se i lupi non vi avessero bivaccato isolati per minacciarlo di un blocco e camminando fantasticava, si batteva la fronte col pugno e qualchevolta piangeva.
— E che avrei io a desiderare ora che i miei cari non sono più? disse egli rivoltando macchinalmente la sua valigia fra le dita. Or che da sei anni Fior de’ Piselli è maritata, poiché il giorno in cui l’ho vista compiva il suo decimo anno, ed era quella l’epoca del matrimonio, secondo l’uso delle principesse della sua casa! D’altra parte la sua scelta era fatta.
Che m’importa del mondo intiero, tutto il mondo per me non consisteva che in una capanna e un campo di fave che voi non mi renderete mai, pisellino verde, aggiunse distaccandolo dal suo guscio, perchè i giorni dolcissimi dell’infanzia non ritornan più. Andate, pisellino verde, andate ove Dio vi porterà, e producete ciò che voi dovete produrre in onore della vostra signora giacché non ho più i miei vecchi parenti, la mia capanna