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tesoro delle fave, ecc. 39

Poi l’apri come aveva fatto col calesse e seminandone il contenuto per terra colla punta del bidente:

— Nascerà ciò che potrà, disse egli, ma io avrei gran bisogno di un padiglione per coprirmi questa notte, non fosse che d’una pianta di piselli fiorita; d’una piccola cena per nutrirmi, non fosse che una pappa di piselli collo zucchero; e d’un letto per dormire non fosse che d’una piuma di colibrì. Tanto più che ora non potrei rivedere i miei cari, perchè mi sento stimolato dalla fame, stracco pel lungo viaggio. Tesoro delle Fave non aveva finito di parlare che vide sorgere dalla sabbia un superbo padiglione in forma di pianta di piselli che si alzò, ingrandì, si distese lontano, appoggiandosi a intervalli regolari su dieci pali d’oro, si sparse da ogni parte in graziosi paramenti di fogliame tempestati di fior di piselli e s’arrotondò in arcate innumerevoli, ciascuna delle quali sopportava al centro dell’arco un ricco lampadario di cristallo carico di candele profumate. Il fondo delle arcate era guarnito di specchi di Venezia, d’altezza smisurata senza il più piccolo difetto che riflettevano i lumi fino ad abbruciare la vista di un’aquila di sett’anni a una lega distante.

Sotto i piedi di Tesoro delle Fave una foglia di pisello caduta accidentalmente dalla vòlta, si allargò in magnifico tappeto chiazzato con tutti i colori dell’arcobaleno e con moltissimi altri ancora. Di più, esso portava candelabri, de’ tavolini di aloè e di sandalo, che parevan lì lì per rovinare sotto il peso dei pasticci e delle confetture, e sui quali stavano frutti canditi col maraschino attornianti elegantemente nelle loro coppe di porcellana dorata, un buon piatto di sugo di pisellini collo zucchero, marezzati alla superficie con uva di Corinto nera come lustrini, pistacchi verdi, confetti di coriandolo e fette d’ananasso.

In mezzo a tutta questa grazia di Dio Tesoro delle Fave non istentò tuttavia a riconoscere il suo letto, cioè la piuma di colibrì da lui desiderata e che scintillava in un canto come un diamante caduto dalla corona del Gran Mogol, quantunque fosse tanto piccolo che lo si sarebbe nascosto in un grano di miglio. Tesoro delle Fave pensò prima di tutto che questo lettino rispondeva poco alle comodità del padiglione; ma mentre ei la guardava essa si diede a moltiplicarsi e a moltiplicarsi si che egli ebbe ben presto uno strato di piume di colibrì all’altezza della mano, lettuccio di molli topazii, di flessibili zaffiri e di opali elastici in cui una farfalla posandovisi si sarebbe sprofondata.

— Basta, disse Tesoro delle Fave, basta, piuma di colibrì! con questo dormirò benissimo.