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tesoro delle fave, ecc. 37

cinquanta mila leghe. Ora vorrei sapere se sarai in pensiero per ritornare presso i tuoi quando ti piacerà. Basterà che tu ricordi bene il gesto e la parola di cui mi servo per avviarlo. — La valigia contiene molti e diversi oggetti che ti possono servire nel viaggio, e che ti appartengono assolutamente. Aprendola nel modo stesso come apriresti un guscio di pisello verde tu vi troverai tre scrigni della forma e della grossezza giusta d’un pisello ciascun dei quali è sospeso ad un filo leggero che li sostiene nel loro astuccio come de’ piselli nel baccello in guisa che non abbiano a urtarsi malamente nel movimento o nel trasporto. È un lavoro maraviglioso. Essi cederanno alla pressione del tuo dito come appunto il buffetto del mio calesse e non avrai che a seminare il contenuto per terra in un buco fatto colla punta del tuo zappettino per veder spuntare e nascere tutto che tu avrai desiderato. Non è questo un miracolo? Ricordati però bene che finito il terzo, non ho più nulla da offrirti perchè non ho qui che tre piselli verdi, come tu non avevi che tre quartucci di fave, e la più bella fanciulla del mondo non può dare che ciò che ella ha. Sei disposto ora a metterti in cammino?

Al segno affermativo di Tesoro delle Fave, che non si sentiva la forza di parlare, Fior de’ Piselli, fece schioccare il pollice della sua mano dritta contro il medio, gridando: Partite, cece!

E il cece era già a più di mille cinquecento chilometri dal campo muschiato di Fior de’ Piselli, mentre gli occhi di Tesoro delle Fave la cercavano ancora inutilmente. Ahimè! sospirò egli.

Sarebbe un far torto alla celerità del cece, dicendo che egli percorse lo spazio colla velocità di una palla d’archibugio. I boschi, le città, le montagne, i mari sparivano incomparabilmente più presto sul suo passaggio delle ombre chinesi di Serafino sotto la bacchetta del famoso mago Rotomago. Gli orizzonti più lontani appena si disegnavano ad un’immensa distanza erano già precipitati sotto il cece; e Tesoro delle Fave si sarebbe forzato invano di rivederli dietro di lui. Mentre egli si rivolgeva, crac! essi non v’eran più. Infine egli aveva più volte il vantaggio sul sole; più volte l’aveva raggiunto per sorpassarlo ancora nelle brusche alternative di giorno e di notte; quando Tesoro delle Fave sospettò d’aver lasciato da parte la città che andava a vedere e il mercato dove portava a vendete i suoi quartucci.

— Le molle di questa vettura sono un po’ sbrigliate, immaginò subito; poichè non si dimentichi che egli era dotato di uno spirito acuto. Essa è partita storditamente prima che Fior de’ Piselli avesse finito di spiegarsi sul mio