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36 | racconti fantastici |
colle due braccia a due gambi pendenti che s'inclinarono e si rilevarono sotto di essa, seminando i suoi capelli dei resti de’ loro fiori profumati.
Mentre Tesoro delle Fave si compiaceva a contemplarla (e vi dico io che ne avrei provato piacere anch’ io) essa lo fissava col lampo d’acciajo de’ suoi occhi, lo alfascinava all’incantevoie sorriso, così ch'egli avrebbe voluto morire per la gioja di vederla così, e non si sarebbe ancora mosso, se ella non l’avesse avvertito.
— È fin troppo l’averti trattenuto fin adesso, gli disse, perchè io so che il commercio delle fave è molto importante pei tempi che corrono; ma il mio calesse o meglio il vostro, vi farà riguadagnare il tempo perduto. Non mi offendete, vi prego, rifiutando un così piccolo dono. Di calessi simili ne ho de’ milioni nei granai del castello, e quando ne voglio uno nuovo, lo scelgo sulla colombaja in una manata di ceci, e do poi il resto ai sorci.
— Il più piccolo dei benefici di Vostra Altezza farebbe la gloria e la felicità della mia vita, rispose Tesoro delle Fave; ma ella non pensa ch’io sono incaricato delle provvisioni, Ora, io comprendo a meraviglia che per ben misurate che siano le mie fave, si avrebbe il mezzo di far entrare comodamente il vostro calesse in uno de’ miei quartucci, ma i miei quartucci nel vostro calesse, è una cosa impossibile, via.
— Prova, disse Fior de’ Piselli ridendo e baloccandosi fra i suoi fiori; prova e non sta a meravigliarti di tutto come un fanciullo che non ha mai veduto nulla.
In fatti Tesoro delle Fave non provò difficoltà alcuna a porre i tre quartucci nella cassa della vettura, essa ne avrebbe contenuto trenta e più. Egli ne fu un po’ mortificato.
— Io sono pronto a partire, signora, riprese sedendosi sovra un cuscino ben ripieno di borra e la cui grandezza permettevagli di accomodarsi molto gradevolmente in tutti i modi fino a sdrajarsi quant’era lungo se n'avesse avuto voglia.
Io devo all'affetto de’ miei genitori di non lasciarli inquieti sulla mia sorte in questa prima nostra separazione; e non aspetto che il vostro cocchiere, senza dubbio fuggito spaventato all’insulto grossolano del re dei Grilli, riconducendo la pariglia e trasportando le stanghe. Allora abbandonerò questi luoghi col rammarico eterno di avervi vista, senza speranza di rivedervi.
— Buono! replicò Fior de' Piselli senza aver l’aria di por mente all'ultima parte del discorso di Tesoro delle Fave che mirava dritta alla conseguenza; buono! il mio calesse non ha nè cocchiere, nè stanghe, nè cavalli. Esso va a vapore e non v’ha ora che non faccia agevolmente