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30 | racconti fantastici |
— Chi mi chiama? disse Tesoro delle Fave, mettendo fieramente la mano sullo zappino.
— Per carità, fermatevi, signor Tesoro delle Fave! bu, bu, bu, bu, bu, bu, tui! son io ohe vi parlo.
— Davvero?! disse Tesoro delle Fave, volgendo lo sguardo sulla sommità di un pino vecchio, cavernoso e mezzo morto, sul quale un mastro barbagianni si cullava goffamente al soffio del vento: e che abbiamo noi a districare insieme, mio bell’uccello?
— Mi stupirei che mi aveste a riconoscere, replicò il barbagianni, poichè io v’ho reso servizio, ma a vostra insaputa, come deve fare un barbagianni delicato, modesto e dabbene; e ciò mangiando a uno a uno, con mio rischio e pericolo, le canaglie di topi, che rosicchiavano su per giù la metà del vostro raccolto ogni anno; ed è appunto per questo servigio che il vostro campo vi procura oggi di che comprare in qualche parte un piccolo regno se vi sapete contentare. Quanto a me, vittima infelice e disinteressata della devozione non ho pur un miserabile topo, essendosi i miei occhi talmente indeboliti al vostro servizio che a pena posso dirigermi anche di notte. Vi chiamai dunque, generoso Tesoro delle Fave, a fine di pregarvi che vogliate concedermi uno di questi buoni quartucci di fave che portate appesi al vostro bastone e che basterà a sostentare la mia triste esistenza fino alla maggiorità del mio primogenito che potete contare per vostro fedele.
— Questo, signor barbagianni, gridò Tesoro delle Fava distaccando dall’estremità del bastone uno dei tre quartucci di fave che gli appartenevano, è il debito della riconoscenza ed io ho il piacere di soddisfarlo.
Il barbagianni calò abbasso, prese cogli artigli e col becco il quartuccio e con un colpo d’ala lo portò sull’albero.
— Oh, come volate via presto! riprese Tesoro delle Fave.
«Posso chiedervi signor barbagianni, se sono ancora lontano dalla città, ove mia madre m’invia?
— State per entrarvi, amico mio, disse il barbagianni; e andò ad appollajarsi altrove.
Tesoro delle Fave si rimise in cammino alleggerito di uno dei suoi quartucci di fave ma quasi sicuro che non l’andrà molto a giungere alla meta; ma non aveva ancor fatti cento passi che si sentì chiamar di nuovo:
— Beeh, beeh, beeh, beeh! Fermatevi, signor Tesoro delle Fave, ve ne prego, — Credo di conoscere questa voce, disse Tesoro delle Fave, rivolgendosi. Oh, sì davvero! è quella cattivella sfrontata della capretta montanara che gironzava sempre