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22 del fantastico in letteratura

classico non è ohe l’espressione parziale, momentanea, indifferente; e che non era niente strano che il legame, puerile delle sciocche unità della retorica si sciogliesse, quando l’immensa unità del mondo sociale si rompeva da tutte le parti.

Tra gli uomini eletti che un istinto profondo del genio ha gettato in questi ultimi tempi alla testa delle letterature, non ve ne ha uno che non abbia inteso l’avvertimento di questa musa d’una società cadente, e non abbia obbedito alle sue inspirazioni, come alla voce imponente d’un moribondo la cui fossa è già aperta. La scuola romanzesca di Lewis, la scuola romantica dei lackisti, e, precipuamente al disopra di tutti quei gran maestri della parola, Byron, Walter Scott e Lamartine, e Hugo, vi si sono precipitati alla ricerca dell’ideale, come se un organo speciale di divinazione ohe la natura ha dato al poeta loro avesse fatto presentire che il soffio della vita positiva era presso ad estinguersi nel caduco organismo dei popoli. Tra questi non ho nominato Chateaubriand che è restato per coscienza e per elezione al termine del mondo antico come la piramide nelle sabbie d’Egitto, come l’arca del diluvio sulla cima dell’Ararat, come le colonne d’Ercole sulle rive dei mari sconosciuti. Walter Scott incatenato anche da ricordanze, da studi, da affetti, ha posto un po’ più lontano, ma con maggior solidità e potenza le basi della sua fama avvenire tra le due società. È un faro che getta indistintamente qualche luce sul porto, qualche luce sull’abisso. L’abisso! Byron vi si è perduto a vela spiegata e nessuno sguardo umano potè seguirvelo.

Il fantastico della Germania è più popolare e questo si spiega, lo ripeto, per una lunga fedeltà alle costumanze delle tradizioni, ad istituzioni uscite dal paese e spesso difese e salvate a prezzo del sangue cittadino: a un sistema di studi più generale, meglio inteso, meglio appropriato ai bisogni del tempo. Ciò si spiega sopratutto per una spiccata ripugnanza per le innovazioni puramente materiali in cui il principio intelligente e morale delle nazioni non ba nulla da guadagnare. Questo popolo che è giunto ai confini di tutte le scienze, che ha prodotto quasi tutte le invenzioni essenziali il cui impulso ha completato la civiltà In Europa, e che s’occupa deliziosamente nel dolce possesso di una libertà senza fasto, nelle contemplazioni sedentarie dell’astronomia, nell’arricchimento delle nomenclature naturali, meritava di conservare a lungo il gusto innocente e sensato dei racconti infantili. Sien rese grazie a Musœus, a Tieck, a Hoffmann i cui fortunati capricci tratto tratto mistici o famigliari, patetici o buffoneschi, semplici fino alla trivialità, esaltati fino