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94 - della conoscenza, mi faceva piacere di guardar fuori ora da questa, ora da quella finestra, ma mi guardavo bene dal fissarmi in essi, li consideravo pericolosi — e infine: è verosimile che uno strumento possa criticare la propria capacità? Mi colpi invece molto più il fatto che nessuno scetticismo e nes- suna dogmatica della teoria della conoscenza sia mai sorta senza un secondo fine, — che essa ha un valore di secondo ordine, non appena si considera ciò che in fondo costrinse a questa attitudine. Concetto fondamentale: tanto Kaut quanto Hegel e Schopenhauer — tanto l'attitudine dell'epoca scettica, quanto quella dell'epoca sto- rica e pessimistica — hanno un'origine morale. Non ho visto nessuno che abbia osato una critica, dei sentimenti di valore morale: e voltai presto le spalle ai rari tentativi di giungere a una storia dell'origine di questi sentimenti (come nei dar- vinisti inglesi e tedeschi). Come si spiega la posizione di Spinoza, la sua negazione e la sua condanna dei giudizi morali? (Era una conseguenza della sua teo- dicea!) 180. Le tre grandi ingenuità: La conoscenza come mezzo alla felicità (come se,..) » » come mezzo alla virtù (come se...) » » come mezzo alla negazione della vita, in quanto essa è un mezzo di delusione — come se... 181. In fondo la morale è ostile verso la scienza; lo era già So- crate e per la ragione che la scienza considera importanti cose che non hanno niente a che fare col « buono » e col « cattivo » quindi tol- gono peso al sentimento per il «buono» e il «cattivo». La morale vuole cioè che l'intero uomo con tutte le sue forze sia al suo servizio. Essa considera come una prodigalità di qualcuno che non è a b- bastanza ricco da prodigare, che l'uomo si occupi seriamente di piante e di stelle. Perciò, quando Socrate ebbe introdotto nella scienza la malattia del moralizzare, la scienza andò velocemente de- clinando in Grecia: l'altezza a cui si era giunti col pensiero di un Democrito, di un Ippocrate e di un Tucidide non fu più raggiunta una seconda volt