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6.


Voltaire - Rousseau. — Lo stato di natura è spaventoso, l’uomo è un animale di rapina, la nostra civiltà è un inaudito trionfo sopra questa natura di rapina; così conclude Voltaire. Egli era sensibile alla mitezza, alle raffinatezze, alle gioie spirituali della civiltà, egli disprezzava la «limitazione» anche sotto la forma della virtù; la mancanza di raffinatezza anche negli asceti e nei monaci.

Rousseau sembrava preoccupato della malvagità morale degli uomini. Colle parole «ingiusto» «crudele» si possono eccitare nel modo più intenso gl’istinti degli oppressi, i quali si trovano altrimenti sotto il bando del «vetitum» e della disgrazia, così che la loro coscienza li sconsiglia dalle cupidigie rivoluzionarie. Questi emancipatori cercano sopratutto una cosa: di dare, cioè, al loro partito il gran tono e le attitudini della natura superiore.


7.


Rousseau. — La regola basata sul sentimento, la natura quale fonte di giustizia; l’uomo raggiunge la sua perfezione nella misura in cui si riavvicina alla natura (secondo Voltaire invece, nella misura che si allontana dalla natura). Le stesse epoche rappresentano per l’uno i progressi dell’umanità, per l’altro i tempi di peggioramento nell’ingiustizia e nella disuguaglianza.

Voltaire concepisce ancora l’umanità nel senso del rinascimento; e così la virtù, (come alta cultura): egli lotta per la causa «des honnêtes gens» e «de la bonne compagnie» la causa del gusto, della scienza, dell’arte, la causa del progresso stesso e della civiltà.

La lotta scoppiò verso il 1760 fra il cittadino ginevrino e «le seigneur de Ferney». Solo a partire da questo momento Voltaire diventa l’uomo del suo secolo, il filosofo, il difensore della tolleranza e dell’incredulità. (Fino allora era stato solo un «bel esprit»). L’invidia e l’odio per il successo di Rousseau lo spinsero avanti in allo. «Pour la canaille un Dieu rémunérateur et vengeur». (Voltaire).

Critica di entrambi questi punti di vista in riguardo al valore della civiltà. L’invenzione sociale è la cosa più bella che esista, secondo Voltaire; non esiste meta più alta di quella di conservarla e perfezionarla: questa è appunto l’honnêteté: rispettare