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- ina una tale meta merita, forse, un simile sacrificio; ed altri ancora maggiori.... E alcuni dei più celebri moralisti hanno rischiato tanto. Questi hanno già riconosciuto e anticipato la verità che deve essere insegnata per la prima volta in questo trattato e cioè che si può raggiungere il regno della virtù solamente e in modo assoluto cogli stessi mezzi necessari per raggiungere un qualsiasi dominio e in ogni caso non per mezzo della virtìi. Questo trattato, come è già stalo detto, si occupa della politica della virtù : esso determina un ideale di questa politica, la dipinge come dovrebbe essere, se qualcosa di perfetto potesse esistere sulla terra. Nessun filosofo esilerà a designare il tipo della perfezione nella politica: è il machiavellismo. Ma il machiavellismo pur, sans mélange, crii, veri, dnns toute sa force, dans loule son aprélé è so- vrumano, divino, trascendente; gli uomini non lo raggiungeranno mai, tutt'ai più lo sfioreranno. Anche in questa specie più ristretta di politica, nella politica della virtù, sembra che l'ideale non sia mai stato raggiunto. Anche Platone l'ha solamente sfiorato. Ammettendo che si abbiano occhi per le cose nascoste, si scopre, persino nei mo- ralisti più indipendenti e più coscienti (e bisognerà ben dare il nome di moralisti a questi politici della morale, a tutti i creatori delle nuove forze morali) si scoprono tracce del fatto che anch'essi hanno pagato il loro tributo alla debolezza umana. Essi tutti aspi- rano alla virtù, per loro proprio conto, almeno nei loro mo- menti di stanchezza: primo e capitale difetto di un moralista — il quale ha il dovere di essere immoralista dell'azione. Che egli non debba parere di esserlo è un'altra questione. 0 piuttosto non è un'altra questione: una tale rinuncia a sè per principio (dal punto di vista morale è uria simulazione) fa parte del canone di moralista e della sua peculiare dottrina di doveri; senza di essa egli non arriverà mai alla sua maniera di perfezione. Indi- pendenza, rispetto alla morale e anche rispetto alla verità, grazie a quella mela che compensa di ogni sacrificio: per il regno della morale, — così dice quel canone. I moralisti hanno bisogno dell' attitudine della virtù e anche della attitudine della verità; il loro sbaglio comincia nel momento in cui essi cedono alla virtù, in cui essi perdono il dominio sulla virtù, in cui essi stessi diventano morali, essi stessi diventano veritieri. Un grande moralista deve essere fra l'altro necessariamente un gran- de commediante: il suo pericolo sta nel vedere che impercettibil- mente la sua dissimulazione diventa una seconda natura; cosi come