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simulata questa volontà di potere e che anche quell’odio e quel disprezzo sono una manifestazione di quest’ultima. L’oppresso riconoscerebbe allora di essere sullo stesso terreno dell’oppressore e di non avere nessun privilegio, nessun rango superiore all’altro.
Anzi, accade l’opposto! Niente nella vita ha valore all’infuori del grado del potere, ammesso s’intende che la vita stessa sia la volontà di potere. La morale proteggeva i diseredati contro il nichilismo, prestando a ciascuno di essi un valore infinito, un valore metafisico, collocandolo in un ordine che non corrispondeva al potere terrestre, alla gerarchia terrestre: essa insegnava la sottomissione, l’umiltà, ecc. Ammettendo che la credenza di questa morale fosse distrutta, ne seguirebbe che i diseredati non avrebbero più il loro conforto e perirebbero.
Questo «perire» si presenta come una volontà di perire, come una scelta istintiva di ciò che necessariamente si deve distruggere. Il sintomo di questa autodistruzione dei diseredati è l’autovivisezione, l’avvelenamento, l’ubriachezza, il romanticismo, la necessitazione istintiva di quegli atti in seguito ai quali i potenti divengono i loro nemici mortali (un preparare a sè stessi, in certo modo, i propri carnefici); la volontà di distruzione quale volontà di un istinto ancora più profondo, dell’istinto dell’auto-distruzione, della volontà di entrar nel nulla.
Il nichilismo è un sintomo del fatto che i diseredati non hanno più conforto, che essi distruggono per essere distrutti, che essi, liberati dalla morale, non hanno più nessuna ragione di «rassegnarsi», che essi si pongono sul terreno del principio opposto e vogliono il potere anche per loro, forzando i potenti ad essere i loro carnefici. Questa è la forma Europea del buddismo, la negazione-attiva, dopo che tutta l’esistenza ha perduto il suo «senso».
Non bisogna credere che la miseria sia diventata maggiore: anzi, al contrario! «Dio, la morale, la rassegnazione» erano rimedi a gradi di miseria terribilmente bassi; il nichilismo attivo si presenta in condizioni relativamente molto favorevoli. Il fatto stesso di considerare la morale come oltrepassata, implica già un certo grado di coltura intellettuale: e questa da parte sua indica un relativo benessere. Una certa stanchezza intellettuale spinta da una lunga lotta di opinioni filosofiche, sino allo scetticismo disperato di fronte ad ogni filosofia, caratterizza ugualmente il livello, in nessun modo inferiore, di quei nichilisti. Si pensi in quali condi-