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n è — 135 — cessata; sotto questo aspetto i più credenti sono nelle stesse cattive condizioni degli increduli. Tuttavia l'uomo è liberato dalla morte e dal peccato — affermazioni sostenute dalla Chiesa e tanto più energicamente in quanto non permettono nessun controllo. « Egli è esente dal pec- cato » — non in seguito a un suo atto personale o in seguito a una severa lotta da parte sua, ma redento dall'atto della re- denzione — per conseguenza è perfetto, innocente, paradisiaco.... La vera vita non è che una credenza (cioè un auto-illusione, una pazzia). Tutta la vera esistenza di lotte e di combattimento, piena di luci e di tenebre non è che un'esistenza falsa e cattiva: es- sere salvati da 1 u i, ecco il compito. « L'uomo innocente, ozioso, immortale, felice », — questo con- cetto che forma l'oggetto dei « supremi desideri » va anzitutto cri- ticato. Perchè la colpa, il lavoro, la morte, il dolore (e, parlando da cristiano, la conoscenza....) vanno contro i «supremi desi- deri »? — Le pigre nozioni cristiane della « beatitudine », dell'" in nocenza » dell'" immortalità »... 258. Guerra all' i d e a ì e cristiano, alla dottrina della «beati- tudine » e della « salve zza » . come meta della vita, alla supremazia degl'ingenui, dei puri di cuore, dei sofferenti, e dei mal riusciti. Quando e dove un uomo che si considera è mai stato simile a quell'ideale cristiano? almeno per gli occhi di uno psicologo e di uno scrutatore di cuori! si scorrano pure tutti gli eroi di Plutarco. 259. L'uomo superiore si distingue dall'uomo inferiore per la sua intrepidezza e per la sua sfida alla sventura : è segno di r e- grasso quando le valutazioni eudemoniche cominciano a essere considerate come le più alte ( — esaurimento fisiologico, impoveri- mento della volontà — ). Il cristianesimo colla sua prospettiva di « beatitudine » è una concezione tipica per una razza d'uomini sof- ferente e impoverita. La pienezza della forza vuole creare, soffrire, perire; per essa la bigotta salvezza dei cristiani è una cattiva musica e i gesti ieratici l'infastidiscono. 260. La nostra preminenza: viviamo nel secolo dei confronti, — 1