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46 capitolo quarto


Fin qui ho svolto l’argomento con cui aveva principiato questa trattazione: che, cioè, il senso dionisiaco e l’apollineo hanno dominato l’essenza dell’ellenismo con sempre nuove rinascite seguenti l’una all’altra, e rincarando a vicenda l’uno sull’altro; che dall’epoca del «bronzo», con le sue titanomachie e l’aspra filosofia popolare si sviluppò il mondo omerico guidato dall’istinto apollineo della bellezza; che questo dominio «ingenuo» venne di nuovo inghiottito dall’irrompente flutto dionisiaco, e che in faccia a questa novella potenza lo spirito apollineo si levò nella rigida maestà dell’arte e della concezione dorica del mondo. Se in tal modo, nella contesa di questi due grandi principii ostili, la vetusta storia greca si divide in quattro grandi periodi artistici, noi ci vediamo indotti a domandarci quale sia ancora l’estremo disegno di questo divenire e di questo impulso, posto che il periodo ultimo e più ricco, quello dell’arte dorica, non possa minimamente valere come il fastigio e il fine di cotesto istinto artistico: ed ecco che si offre al nostro sguardo la sublime e celebrata opera della tragedia attica e del ditirambo drammatico, quale meta comune dei due istinti, il cui misterioso consorzio, dopo un lungo contrasto di preparazione, ebbe il suggello di gloria in una tale figlia, che è, insieme, Antigone e Cassandra.