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44 capitolo quarto


sura e, perché venga osservata, la conoscenza di sé. Perciò la necessità estetica della bellezza è accompagnata dall’esigenza del «conosci te stesso!» e del «non troppo!»; laddove la superbia e la dismisura sono riguardate come i demoni propriamente ostili appartenenti alla sfera non apollinea; e quindi come le qualità peculiari dell’età preapollinea, dell’età titanica, e del mondo estraapollineo, ossia del mondo barbarico. A causa del suo amore titanico agli uomini Prometeo dovè essere straziato dall’avoltoio, a causa della sua sapienza fuor di misura, che sciolse l’enigma della Sfinge, Edipo dovè precipitare in un turbine inesplicabile di misfatti: in questo modo il dio delfico interpetrava gli antichissimi eventi della Grecia.

I greci apollinei giudicavano «titanico» e «barbarico» anche l’effetto suscitato dal senso dionisiaco, senza peraltro dissimularsi che questo era nello stesso tempo intimamente affine a quei titani ed eroi abbattuti. Dovevano anzi confessare a sé stessi anche di più: che, cioè, la loro intera esistenza con tutta la sua bellezza e misuratezza era piantata su un fondo nascosto di dolore e di conoscenza, che lo spirito dionisiaco rimetteva in mostra. E guarda! Apollo non poteva vivere senza Dioniso! In ultima analisi il «titanico» e il «barbarico» erano altrettanto una necessità, quanto l’apollineo! E ora immaginiamo con quale fascino sempre più attraente dovè spandersi in questo mondo fondato sull’apparenza e la proporzione, e artisticamente cir-