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la liberazione 43


conducono, coi discepoli in angustie e che non sanno che fare, ci dà lo specchio dell’etewio dolore primordiale, della ragione unica del mondo, qui l’«apparenza» è il riflesso dell eterno contrasto, padre delle cose. Ma da questa apparenza sale in alto, come un vapore di ambrosia, la visione di un altro mondo nell’apparenza, della quale nulla vedono i personaggi avvolti in quella di sotto; ed ò un luminoso librarsi nel più puro gaudio e in una contemplazione immacolata dal dolore, irradiata da occhi lontani. Qui abbiamo davanti allo sguardo, nella suprema simbolica dell’arte, il mondo apollineo della bellezza e il suo sostrato, la terribile sapienza di Sileno, e per mezzo dell’intuizione comprendiamo la necessità della sua reciprocanza. E Apollo ci torna davanti come la deificazione del principium individuationis, nel quale, e in esso soltanto, si compie il fine eternamente raggiunto dell’uno primigenio e la sua liberazione per mezzo dell’apparenza: egli col sublime atteggiamento ci mostra che tutto il mondo del travaglio è necessario, affinché l’individuo ne venga spinto a produrre la visione liberatrice, e quindi, immerso nella contemplazione di quella, stia tranquillo sul suo schifo trabalzato, in mezzo al mare.

Cotesta deificazione dell’individuazione, quando è pensata generalmente come imperativa e prescrittiva, conosce solamente una legge, l’individuo, vale a dire la determinazione dei limiti dell’individuo, la misura nel senso ellenico. Apollo, come divinità etica, esige dai suoi la mi-