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zione, e che perciò non meriti il nostro attaccamento: in ciò consiste lo spirito tragico, il quale conduce quindi alla rassegnazione». Oh, come diversamente parlò a me Dioniso! Oh, quanto era allora lungi da me proprio cotesto spirito di rassegnazione! Ma in questo libro, e devo lamentarlo anche più, vi è qualcosa di peggio, che l’aver offuscato e guasto con formole schopenhaueriane le precursioni dionisiache: vi è, soprattutto, che con l’intrusione di vedute modernissime io in sostanza deformai il grandioso problema greco, quale esso mi si era presentato alla mente! Che concepii speranze dove nulla era a sperare, dove tutto anche troppo chiaramente accennava alla fine! Che, fondandomi sull’ultima manifestazione della musica tedesca, principiai a favoleggiare dell’ « anima tedesca », come se questa fosse in procinto di scoprirsi e di ritrovarsi; e ciò in un tempo, in cui lo spirito tedesco, che poco dianzi aveva mostrato la volontà di dominare l’Europa e la forza di conquistare l’egemonia sull’Europa, all’ultimo andava volontariamente e legittimamente a finire in una rinunzia, e, sotto il pomposo pretesto della fondazione dell’Impero, compiva la propria conversione all’accomodante mediocrità, alla democrazia e alle «idee moderne»! Col fatto, io frattanto imparai a sciogliermi la mente da ogni speranza e riguardo verso cotesta « anima tedesca », del pari che verso la presente musica tedesca, come quella che va sempre più rivelandosi come romantica,