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liv | prefazione del traduttore |
dal Vico, dal Kant e dallo Hegel: che, cioè, il pensiero in tanto sa, in quanto crea e produce ciò che sa: e perciò non giunse realmente, come egli s’illuse, alla scienza estetica, che è la base della concezione scientifica della realtà. Ma il dramma intimo che espresse con lo schietto fervore della fede, suona tutto di quei sacri accenti, che sono per só stessi verità che non muoiono; onde le anime colte e fini, che vorranno ancora provarne e gustarne l’incanto, sentiranno di ritrovare dentro di sé tali verità, come guide a persuasioni più approfondite e a più proficue scoperte. Confido che di questi tempi, in cui il sentimento sembra affatto smarrito, e il gelo polare della rettorica si affanna invano e goffamente a sostituirlo; in cui il senso dell’arte sembra degenerato nella convinzione che l’arte possa «costruirsi» a volontà, e che a far accettare cotesta «arte costruita» per vera arte basti puntellarla alla meglio con rumorose teoriche occasionali; confido, che questo bel poemetto di classicità ellenica e di romantica gioventù abbia a capitare nelle mani di qualche giovine geniale, non ancora rivelatosi a sé medesimo, anch’esso chiuso nel suo dramma intimo, e che gli dica ciò che soltanto la giovinezza sa dire alla giovinezza nei momenti storici dell’anima.
Allora, forse, l’arte sarà sentita ancora una volta come un sacerdozio intimo, che fugge i rumori del mondo, che sa che il suo premio è il suo culto, è la gioia di dare alla luce le proprie