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prefazione del traduttore li


non conosce stili e stilizzamenti, perché le opere d’arte, appartengano a uno o a diversi artisti e a una o a diverse epoche, hanno ciascuna in sé il suo proprio stile, che è di essere ciascuna appunto quella che è; e il suo stile è precisamente il modo di risoluzione del problema specifico inerente alla sua espressione. Ogni opera d’arte è il modo come l’artista dice ciò che in un dato momento ha veramente conosciuto del mondo della propria fantasia. Ognuna è una forma, un’individuatio, un individuo in sé e per sé perfetto; come gli angeli di San Tommaso, ognuna è un individuo che costituisce una specie a sé.

Apollo è una scoperta estetica del giovine Nietzsche. Ma egli non ne cava tutto il profitto. Non si accorge minimamente, che il dio delfico avrebbe potuto liberarlo in modo definitivo dal vecchio taglio che scindeva le arti, e che anche per lui recideva la musica dall’epopea e dalle arti figurative; e liberarlo anche dalla vecchia idea, che egli non sospetta quanto poco sia degna del suo talento innovatore, che le arti figurative s’ispirino al «diletto delle belle forme»: vetusto ricordo dell’estetica edonistica. In vero, la sua concezione della tragedia come fratellanza della musica con l’epopea, è un compromesso col suo stesso talento critico: la fratellanza di Dioniso con Apollo è un espediente. Gli dèi non conoscono fratellanza; ciascuno è dio assoluto nella sua sfera assoluta, fuori della quale l’uno inghiotte l’altro. Se Dioniso vuol dire il prorompimento