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xlvi prefazione del traduttore


l’arte. La musica, dice il Nietzsche, è l’emanazione diretta dell’Uno primigenio, del Wille, in quanto però non è propriamente essa stessa la volontà, sibbene è l’apparenza della volontà. «La musica, secondo la sua essenza, non può essere volontà, altrimenti come tale bisognerebbe affatto scacciarla dal campo dell’arte, per la ragione che la volontà per sé stessa è del tutto anestetica: essa, bensì, appare come volontà (cap. VI)». Ma se «nello specchio dell’immaginativa e delle idee» appare come volontà, dunque è chiaro, che rientra nella sede del sentimento non come volizione, bensì come fantasia, come intuizione. La correzione apportata al pensiero del maestro, è, di fatto, un rovesciamento. Il Nietzsche sa benissimo che il musico non intuisce immagini; e il dire che la musica gli appare sullo specchio dell’immaginativa e delle idee come volontà, o è un parlare senza senso, ovvero significa appunto, che il musico intuisce la propria musica, nulla più. E allora il Nietzsche ha ben ragione di giudicare il melodramma come una non-musica, giudizio che significherebbe la condanna di tanta parte della nostra musica italiana?

Ormai è invece evidente, che ha torto. Caduto il castello di carte della musica intesa come diretta emanazione dell’Uno primigenio, sia come espressione della volontà, sia come espressione dell’» apparenza» della volontà; la musica, rientrando semplicemente in compagnia delle altre arti nella realtà dello spirito, nella fase cono-