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il cavaliero assopito 211


della nostra esistenza nuda di miti, così in un’arte discesa a ufficio di sollazzo, come nel costume di vivere sotto la guida dell’astrazione concettuale. Ma a nostro conforto sorgono presagi, che, ciò nonostante, lo spirito tedesco, immune nella pienezza di una magnifica salute, nella profondità della potenza dionisiaca, si riposa e sogna in un precipizio inaccessibile come un cavaliero caduto in sopore: precipizio, dal quale s’innalza fino a noi l’inno dionisiaco, per dirci, che questo cavaliero germanico sogna anche adesso nelle sue sacre e austere visioni il vetusto mito dionisiaco della stirpe. Nessuno creda, che lo spirito tedesco abbia perduto per sempre la sua patria, se esso intende tuttora il linguaggio degli uccelli che gli parlano della patria antica. Giorno verrà, che egli si troverà ridesto, in tutta la freschezza mattutina seguita a un sonno portentoso: ucciderà allora i draghi, annienterà i maligni nani, sveglierà Brunilde, e nemmeno la lancia di Wotan potrà precludergli la via!

O amici, voi che avete fede nella musica dionisiaca, sapete anche ciò che significhi per noi la tragedia. In essa riabbiamo, risuscitato alla vita dalla musica, il mito tragico, e dal mito vi è lecito sperare tutto e dimenticare il dolore più angoscioso! Per noi tutti il dolore più angoscioso è la lunga abiezione in cui il genio tedesco, straniato dal focolare e dalla patria, visse in servitù dei maligni nani. Voi comprendete ciò che voglio dire: comprenderete anche, in fine, le mie speranze.