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Capitolo XXI.
Tornando dalle voci esortative alla pacatezza che si addice al pensatore, io ripeto, che solo dai greci è dato apprendere ciò che importi all’intima ragion di vita di un popolo un siffatto miracoloso e repentino risveglio della tragedia. Quello che combatte le battaglie persiane è il popolo dei misteri tragici; ed è naturale che il popolo che ha condotto quelle guerre abbia bisogno poi della tragedia come della necessaria medicina salutare. Chi mai, proprio in cotesto popolo, dopo che per più generazioni era stato agitato nell’intimo dalle più forti scosse del demone dionisiaco, avrebbe supposto un’espansione così regolatamente potente del più semplice senso politico, del più naturale istinto della patria, della voglia originariamente virile della lotta? Se però in ogni considerevole diffusione di sommovimenti dionisiaci si avverte sempre, che la liberazione dionisiaca dalle catene dell’individualità principia col manifestarsi come uno sminuimento degl’istinti politici che va a mano a mano fino all’indifferenza, anzi Ano all’avversione, d’altra parte è pur certo, che Apollo formatore di stati