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166 | capitolo diciannovesimo |
intellettuale della passione verseggiata e suonata nello stile rappresentativo, e in un voluttuoso diletto delle arti del canto; perché non può contemplare alcuna visione intima, chiama a suo servigio i macchinisti e gli artisti decoratativi; perché non sa concepire la vera natura dell’artista, rievoca secondo il proprio gusto «l’uomo primitivo artistico», vale a dire l’uomo che nella passione canta e verseggia. Egli si risogna un’epoca, in cui basta la passione a partorire canti e poesie, quasi che l’affetto sia mai stato in grado di produrre alcunché di artistico. Il presupposto dell’opera è una falsa credenza nel processo artistico, è propriamente la credenza idilliaca, che ogni uomo sensibile sia peculiarmente artista. L’opera in musica, nel senso di cotesta fede, è in arte l’espressione del laicato, il quale detta le sue leggi col sereno ottimismo dell’uomo teoretico.
Se desiderassimo di raccogliere in un concetto le due idee, ora esposte, determinanti l’origine del melodramma, ci rimarrebbe unicamente a parlare di una tendenza idilliaca del melodramma; tema sul quale non avremmo altro a fare che giovarci della dicitura e della esplicazione di Schiller. Egli dice: «O la natura e l’ideale sono un oggetto di afflizione, quando sono rappresentati, quella come perduta, questo come non raggiunto; oppure sono un oggetto di allegrezza, in quanto vengono rappresentati come reali. Nel primo caso si ha l’elegia in senso stretto, nel secondo l’idillio nel senso più ampio». Ora,