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l’espressione del laicato 165


vanti ai movimenti socialistici dei nostri tempi, non possiamo più non udire. «L’uomo buono primitivo» vuole i suoi diritti: quale avvenire paradisiaco!

Aggiungo una riprova del pari evidente alla mia idea, che il melodramma è fondato sugli stessi principii della nostra cultura alessandrina. L’opera in musica è il parto dell’uomo teoretico, del laico critico, non già dell’artista; che è, nella storia di tutte le arti, uno dei fatti più singolari. Fu l’esigenza di ascoltatori propriamente amusicali quella che imponeva soprattutto che s’intendesse netta la parola; di modo che una rinascita dell’arte dei suoni era da attendersi solo nel caso che si fosse inventato un modo di cantare, in cui il testo delle parole dominasse sul contrappunto come il padrone sul servitore. Giacché le parole, come si riteneva, erano di tanto più nobili del sistema armonico di accompagnamento, di quanto l’anima è più nobile del corpo. Tale fu la rudità laicamente amusicale d’idee con cui sui primordi del melodramma fu maneggiata la connessione della musica con l’azione e la parola; tali gl’intendimenti dell’estetica con cui furono fatti i primi esperimenti negli alti circoli laici di Firenze dai poeti e cantanti ammirati e protetti. L’uomo artisticamente impotente si costruisce un genere d’arte posticcia, precisamente perché è un uomo congenitamente non artista. Appunto perché non ha alcun sentore della profondità dionisiaca della musica, egli trasforma a sua posta il godimento musicale in una rettorica