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kant e la cultura tragica | 157 |
davanti a tali nembi minacciosi, ricorrere con animo sicuro alle nostre pallide e stanche religioni, che nelle loro fondamenta sono esse stesse degenerate in religioni erudite? Tanto ciò è vero, che il mito, presupposto necessario di ogni religione, è già mutilo da per ogni dove, e anche in questo campo il dominio è stato preso dallo spirito ottimistico, che noi or ora abbiamo designato come il germe distruttivo della nostra società.
Mentre la malsania posata nel seno della cultura teoretica principia a poco a poco ad opprimere l’uomo moderno, il quale, inquieto, nel tesoro delle sue esperienze dà mano ai mezzi di stornare il pericolo, senza neppur credere all’efficacia di tali mezzi; mentre egli comincia, dunque, a presentire le sue proprie conseguenze, ecco che grandi menti conformate all’universalità hanno saputo, con un tatto incredibile, giovarsi degli strumenti della stessa scienza per esporre la relatività della conoscenza in generale, e per negare definitivamente la pretesa della scienza a valore e fine universali; dimostrazione, in forza della quale fu riconosciuta per illusoria l’idea che, armata del principio di causalità, presumeva di poter penetrare l’intima essenza delle cose. Alla prodigiosa valentia e sapienza di Kant e di Schopenhauer era riserbata la più ardua vittoria, la vittoria sull ottimismo, ascoso nell’essenza della logica, e che è, insieme, lo sfondo della nostra cultura. Laddove l’ottimismo, fondandosi sulla sua fede delle aeter-