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capitolo diciassettesimo |
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immobile nell’infinito. La vera musica dionisiaca ci si presenta appunto come un siffatto specchi universale della volontà del mondo: l’evento visibile, che si ridette in questo specchio, subito si amplia nel nostro animo nell’immagine di una verità eterna. All’opposto, tale evento viene subito spogliato di ogni carattere mitico dalla dipintura musicale del nuovo ditirambo in questo modo la musica è diventata una grama immagine del fenomeno, e perciò infinitamente più pallida e scarna dello stesso fenomeno; povertà, per cui essa ammiserisce anche il fenomeno nella sensazione naturale che ne abbiamo tanto che, per esempio, una battaglia imitata musicalmente in quella conformità si riduce ed esaurisce in rumori di marcia, clangori di trombe e via dicendo, e la nostra fantasia è fermata appunto da tali superficialità. La pittura musicale è dunque sotto ogni rapporto il rovescio della potenza mitogenetica della vera musica: essa fa il fenomeno più povero di quel che è, laddove in virtù della musica dionisiaca il singolo fenomeno si arricchisce ed amplia in immagine universale. Fu poderosa la vittoria dello spirito antidionisiaco, quando nello sviluppo del nuovo ditirambo straniò la musica da sé stessa e la umiliò a schiava del fenomeno. Euripide, che può in un senso più alto venir definito come una natura affatto amusicale, fu per questa ragione un passionato seguace della nuova musica ditirambica, di cui profuse tutti i pezzi di effetto e le virtuosità con lo scialacquo di un ladro.