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il musico creatore 147


un effetto più superficiale di quello che ha dovuto avere secondo le testimonianze degli antichi; giacché è tanto facile dimenticare, che ciò che non riusciva al poeta parlante, di raggiungere cioè la suprema spiritualizzazione e idealità del mito, poteva riuscirgli ogni momento come musico creatore! Certo, a noi tocca di ricostruire presso che per via erudita la prepotenza dell’effetto musicale, se vogliamo provare un poco di quell’incomparabile consolazione, che deve essere la virtù propria di ogni vera tragedia. Se fossimo greci, anche questa enorme potenza della musica noi la sentiremmo come tale; laddove in tutto lo sviluppo della musica greca, tanto infinitamente più ricca se a noi fosse nota e familiare, noi crediamo di udire noti più che il canto giovanile del genio musicale, intonato per inconscia, e perciò timida, forza di sentimento. I greci, come dicono i sacerdoti egiziani, sono gli eterni fanciulli, e anche nell’arte tragica non sono altro che i fanciulli, i quali non sanno che sublime balocco è sorto dalle loro mani, e ne uscirà rotto.

Cotesto impulso del genio musicale alla manifestazione simbolica e mistica, che dagl’inizi della lirica sale fino alla tragedia attica, si spezza incontanente, non appena raggiunto l’esuberante sviluppo, e scompare dalla superficie, per così dire, dell’arte ellenica; mentre la concezione dionisiaca, che da esso è nata, sopravvive nei misteri e non cessa, nelle più singolari metamorfosi e degenerazioni, di attrarre a sé le più