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Capitolo XVII.
Anche l’arte dionisiaca vuol persuaderci l’eterno piacere dell’esistenza; solo che sogliamo trovare cotesto piacere non già. nei fenomeni, sibbene dietro i fenomeni. Ci obbliga a riconoscere che tutto ciò che nasce dev’essere preparato a un doloroso tramonto; siamo costretti a figgere gli occhi nel terrore dell’esistenza individuale; eppure non ci è lecito agghiadare di spavento: una consolazione metafisica ci strappa momentaneamente al gorgo ingoiatore delle forme in perenne cangiamento. In realtà noi per brevi momenti siamo esso stesso l’essere primordiale, e ne sentiamo l’indomito desiderio e piacere di esistere: la lotta, il tormento, l’annullamento dei fenomeni ci sembrano resi necessari dall’eccesso delle innumerevoli forme di esistenza che si pigiano e si accavallano nella vita, dalla sterminata fecondità della volontà universale; noi siamo feriti dalla punta furiosa di questo tormento nel momento stesso in cui siamo fusi e, per così dire, abbiamo fatto uno con l’incommensurabile piacere primordiale dell’esistenza, e in cui veniamo a presentire nel rapimento dionisiaco l’indistruttibilità e l’eternità di cotesto piacere. Ad onta