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142 | capitolo sedicesimo |
volontà, sibbene imita insufficientemente non altro che i suoi fenomeni, come fa la musica propriamente descrittiva».
Seguendo la teoria dello Schopenhauer, noi dunque intendiamo la musica come linguaggio immediato della volontà, e sentiamo la nostra fantasia stimolata a configurare quel mondo di spiriti che a noi parla, che è invisibile, eppure si move con tanto fervore, e a concretarcelo in un modello conforme. D’altra parte l’immagine e il concetto, sotto l’influenza di una musica davvero rispondente, raggiungono una più elevata significazione. L’arte dionisiaca suole dunque esercitare sulla facoltà artistica apollinea due specie di effetti: la musica incita alla visione allegorica propria dell’universalità dionisiaca; la musica eleva alla suprema significazione l’immagine allegorica. Da questi fatti per sé comprensibili e che non ammettono un più profondo esame, io inferisco la capacità che ha la musica di generare il mito, vale a dire l’allegoria più significativa, e propriamente il mito tragico: il mito, che della conoscenza dionisiaca parla per similitudini. Discorrendo del fenomeno del lirico ho mostrato, che nel lirico la musica tende a palesare la propria essenza in immagini apollinee: se ora riflettiamo, che la musica nella sua manifestazione suprema deve anche cercare di raggiungere una suprema figurazione, siamo indotti a tenere possibile, che essa abbia la facoltà di trovare anche l’espressione simbolica per la sapienza dionisiaca che è la propria;