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il nuovo orfeo 113


senno», ebbe a condannare i poeti ebbri». Ciò che Sofocle disse di Eschilo, che, cioè, quanto faceva era ben fatto, quantunque fatto inconscianiente, certamente non lo disse nel senso di Euripide; il quale invece avrebbe esclusivamente fatto valere, che Eschilo, perché creava inconsciamente, quello che creava, dunque, non era ben fatto. Anche il divino Platone quasi sempre parla con una punta d’ironia della facoltà creatrice del poeta, in quanto non è intelligenza cosciente, e la eguaglia al dono dell’indovino e dell’oniromante: che perciò non è capace di poetare prima che sia divenuto incosciente, e più non alberghi in lui alcun lume d’intelletto. Euripide s’incaricò, come se ne incaricò anche Platone, di presentare al mondo la contrapparte del poeta «inintelligente»: il principio estetico «tutto dev’essere cosciente per essere bello» è, come ho già detto, il riscontro del principio socratico «tutto dev’essere consapevole per essere buono». Conseguentemente Euripide rappresenta per noi il poeta del socratismo estetico. Giacché Socrate, e non altri che lui, è quel secondo spettatore che non comprendeva la tragedia antica e perciò non l’apprezzava: in lega con lui, Euripide osò essere l’araldo di una nuova creazione artistica. Se per sua cagione la tragedia antica andò in rovina, il principio sterminatore fu dunque il socratismo estetico; e siccome la lotta era diretta contro il senso dionisiaco dell’arte precedente, noi riconosciamo in Socrate l’avversario di Dioniso, il nuovo Orfeo che si levò contro Dioniso,