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Capitolo IX.
Tutto ciò che sale alla superficie nella parte apollinea della tragedia greca, nel dialogo, appare semplice, trasparente, bello. In questo senso il dialogo è un’immagine degli elleni, la cui natura si manifesta nella danza, giacché nella danza il colmo della forza è meramente potenziale, ma si tradisce nella flessuosità ed esuberanza del movimento. Il linguaggio degli eroi sofoclei ci meraviglia tanto con la sua precisione e chiarezza apollinea, che crediamo di guardare subito fino al fondo del loro essere, non senza stupirci che la via di arrivo a quel fondo sia così breve. Se però astraiamo un momento dal carattere dell’eroe che si para davanti sulla superficie e diventa visibile, e che, del resto, non è altro che un’immagine luminosa gittata su una parete oscura, vale a dire assoluta apparenza; se piuttosto penetriamo nel mito che sbattimenta coteste figure, noi avvertiamo subito un fenomeno, che ha un rapporto inverso con un noto fenomeno ottico. Quando, sforzatici violentemente di tener fisse le pupille nel sole, ce ne stacchiamo abbagliati, noi abbiamo davanti agli occhi delle macchie cupamente colorate, che fanno, per così