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76 capitolo ottavo


lineo del proprio stato. Con questa nuova visione il dramma è completo.

Secondo tale dottrina bisogna intendere la tragedia greca come lo stesso coro dionisiaco, che di continuo si va sempre alleviando di un nuovo mondo figurativo apollineo. Le parti corali di cui la tragedia è intrecciata sono dunque in certo modo la matrice dell’intero così detto dialogo, vale a dire di tutto il mondo scenico, del vero e proprio dramma. Questa matrice originaria della tragedia produce la visione del dramma per opera di più parti succeduti l’uno all’altro; visione, che è assolutamente un’apparizione di sogno e perciò di natura epica, ma che, d’altra parte, essendo l’obiettivazione di uno stato d’anima dionisiaco, non rappresenta la liberazione apollinea nel mondo dell’apparenza, ma al contrario il sommergimento dell’individuo e la sua unificazione con l’uno primigenio. Per conseguenza il dramma è l’incarnamento apollineo di conoscenze e impressioni dionisiache, e perciò è separato dall’epos come da un enorme baratro.

In questo nostro concetto trova completa spiegazione il coro della tragedia greca, il simbolo dell’intera moltitudine invasa dall’eccitazione dionisiaca. Mentre prima, abituati alla situazione di un coro sulla scena moderna, specialmente di un coro di opera, noi non eravamo punto al caso di comprendere come mai il coro tragico dei greci potesse essere più antico, più originario, perfino più importante della vera e propria