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il coro trasfuso negli spiriti | 75 |
un altro corpo, in un altro carattere. Tale è il processo che presiede all’inizio dello sviluppo del dramma. Qui abbiamo qualcosa di differente dal rapsodo, che non si fonde con le sue immagini, ma, simile al pittore, le guarda fuori di sé con occhio osservativo; qui abbiamo l’abnegazione dell’individuo che si trasfonde in una natura a lui estranea. Perciò appunto questo fenomeno si presenta epidemico: tutta intera una folla si sente affatturata in siffatta maniera. Ragion per cui il ditirambo si distingue essenzialmente da qualunque altro canto corale. Le vergini che portando rami di alloro vanno solennemente al tempio di Apollo e cantano in processione, rimangono quali sono, serbano il loro nome cittadino: al contrario, il coro ditirambico è un coro di trasformati, che hanno dimenticato completamente il loro passato civile, la loro posizione sociale; essi sono divenuti i senza tempo, i servi del loro dio viventi fuori di ogni sfera sociale. Qualunque altra lirica corale degli elleni non è altro che un enorme moltiplicamento del singolo cantore apollineo; laddove nel ditirambo siamo davanti a una comunità di inconsci attori, che si considerano tra di loro come trasmutati a vicenda l’uno nell’altro.
L’incantesimo è il presupposto di ogni arte drammatica. Preso da tale incantesimo, il tripudiatore dionisiaco si vede satiro, e in quanto satiro egli vede il dio, vale a dire, nella propria trasformazione contempla fuori di sé una nuova visione, come perfezionamento apol-