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all’ardore con cui il Ginevri e gli altri capi liberali cercavano propagare le loro sante idee.

Il 17 giugno, il popolo pergolese fece una solenne dimostrazione dinanzi il palazzo comunale, acclamando il Gran Re e chiedendo la sua dittatura. Il Magistrato cittadino nominò allora una Giunta di Governo, composta del Ginevri, dello Jonni, del Salvatori e di Alessandro Brilli. Il Ginevri ne fu eletto presidente, e, come tale, indirizzò al popolo un nobilissimo manifesto, in cui ricordava i due generosi propositi che esso popolo animavano: «Quello di potere efficacemente e senza ostacoli cooperare al buon esito della guerra d’indipendenza; l’altro, di accedere alla più augusta, alla più gloriosa delle monarchie, alla monarchia sabauda.» Accennati i desideri, i propositi dei Pergolesi, egli ricordava però come, per ottenerne la realizzazione, fosse necessario l’esercizio costante delle più eroiche virtù e, nello stesso tempo, una prova che si era maturi per la libertà.

Sempre con gli altri della Giunta, raccomandò poi ordine, rispetto severo alle proprietà e alle persone; e per dare un esempio come non si dovesse essere mossi da alcuna animosità, lasciò in ufficio tutti i magistrati e impiegati già al servizio del governo pontificio.