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cui faceva spesso e sempre onoranda ricordanza per i pregi della sua molta dottrina, avendolo inoltre in bel conto di suo antico e leale amico del chiarissimo Conte F. Sclopis di Salerano, del Conte Bertone di Sambuy, del Marchese Alfieri di Sostegno, del Barone Ricasoli o del Marchese del Toscano, dei quali teneva in ben dovuta valutazione i lumi e grandi meriti. E più ancora il dottissimo Cav. Prof. Salvatore Betti, che il Coppi, facendo giusto omaggio a questa celebrità, dalla Provvidenza serbataci ancora a ristoro delle disastrose perdite, aveva tolto a consigliere de’ suoi lavori letterarii e gli era legato in intima amistà; così del pari faceva molto assegnamento sull’amicizia, cui rendeva giusta pariglia di famigliarità, del possidente agronomo Fabio Cavalletti, che estimandolo qual peritissimo in materie agrarie e finanziere, lo toglieva spesso a consiglio.
Che se tutte si dovessero enumerare le persone di molto conto che distinsero il Coppi, tale sarebbe impresa come futile, così inopportuna.
Del resto il Cavaliere Antonio Coppi, giunto felicemente all’ottantacinquesimo anno della età sua, incominciò a farglisi meno la vista, e quindi quasi perduta; così l’udito e le gambe indebolite, tal che gli rendevano siffatte alterazioni impedita presso chè ogni operazione mentale e quindi costretto di rinunziare anche alle più care abitudini sue.
Del che il Coppi, senza punto gravarsene, cedeva ad una cotal prostrazione morale che si faceva, per la inoperosità, aderente a quella fisica; e null’altro potendo, come da due anni precedenti aveva incominciato a dare assetto a tutti interessi letterarii con esteri corrispondenti, annunziando loro, senza iperboli, lo avvicinarsi del pros-