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Protomaco.

(c. s.)

No, no, non è quello il perdono che io voglio... Se tu sapessi quante volte imprecai a un minuto di collera cieca! Quante volte t’ho ancora chiamata ne’ sogni!... Ma tu eri scomparsa... e oggi ti ritrovo fatta più bella dal fascino della sventura...

Nicarete.

(continuando a guardarsi nello specchio)

Ma io non sono sventurata...

Protomaco.

(c. s.)

Non dirlo così... con quell’accento! Non parlarmi così... Vedi il sole laggiù come si tuffa nel mare e indora la vetta dell’Acrópoli... Quante volte, a quest’ora, nella nostra casetta, là, al Pireo, si stava abbracciati a vederlo coricarsi nelle onde, mentre la brezza portavaci le fragranze degli orti e i rumori lontani di Atene! Laggiù è la piccola casa romita, oggi triste, squallida senza di te: invano i boschetti le mandano profumi, poichè più non la rallegra il tuo sorriso; là, là, tra il verde, è il piccolo altar delle Grazie, ove si andava il mattino...

Nicarete.

Storie vecchie!... Storie vecchie!... (dopo una pausa, come per ricordo di improvviso venutole) E... la macchia di giacinti nel viale c’è ancora?