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neschi o delle epistole alcifronee, c’è da scommettere un contro cento, ch’essi accuserebbero Luciano ed Alcifrone e Demostene e Menandro di anacronismo e di offesa al colore locale, e di aver cucinato in salsa greca persone e fatti della odierna società.
Per convincere questi signori che il menage antico dei nostri nonni di Atene, quel di Tucrito compreso (il cui nome e quello di Nicarete e del primo marito suo ricorrono nell’aringa demostenica contro Eubulide), differiva dal nostro assai meno di quel che essi si imaginino, avrei dovuto lardellare anche Nicarete di note e noticine ad ogni riga... a che pro? Mi basta la fatica spesa intorno alla Sposa di Menecle: e alle note che accompagnano quella, e all’altro mio scritto sulle Pene degli adulterj in Atene1 rimando i curiosi che ne avessero voglia.
A lei, signora Emma, questo supplizio lo risparmio: perchè io sono feroce meno assai del mio maestro e collega Ruggero Bonghi, e il mio animo mite inorridisce a quella sua efferatissima alzata di ingegno, dello infliggere a signore belle, gentili e di complessione delicata, in lettere dedicatorie coi testi greci annessi, la ermeneutica dei dialoghi di Platone.
Mi saluti Franz, il mio Tucrito ideale, e mi abbia
suo dev. aff. |
- ↑ Mie opere complete, vol. VI.