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appartenenzia la fascia e l'altre cose che ho qui con meco? - Ma sicuro! - arrispose la Sfacciata: - nun son mica invecille. Quella 'gli è robba mia e 'gli è giusto di rendermela. I' la regalai alla figliola della mi' balia e no a lei, e la fascia servì a medicargli la crepantosa che gli era casca in uno sforzo. - Bene, bene! - disse il Re. - 'Gli è giusto, e vo' riaverete ugni cosa dalle mi' propie mane, e per accomidarsi più meglio, i' vi domando in isposa a' vostri genitori. E sappiate che quella che dormì con voi non era la figliola della balia; 'n scambio 'gli ero io stravestito da donna. - Come, come? - scrama la Sfacciata: - nun pol essere. Dice il Re: - Eppure successe a quel mo'. E abbeneché vi chiamino la Sfacciata, mi sono persuaso che quel nome è una bugia. Cognosco la vostra 'nnocenza in nelle cose del mondo, al contrario della Paurosa e della Vergognosa, perch'i' l'ho visto co' mi' occhi quel che loro sanno fare di niscosto e con finzione. Insomma, i' ho delibberato che divenghiate Regina, e son sicuro che nun averò mai a pentirmi della scelta. Domani i' voglio tutto finito, sicché andate pure a prepararvi per la cirimonia. Figuratevi se la Sfacciata e i su' genitori furno contenti! E anco la madre del Re 'gli era matta dall'allegrezza. Il giorno doppo seguì lo sposalizio con canti, soni e feste, che durorno delle settimane, e il Re e la Sfacciata, sempre d'accordo 'nsino che vecchi, ebbano di molti figlioli vegnenti e virtudiosi.



NOVELLA LVI


Caterina furba (Raccontata dalla ragazza Giuditta Diddi contadina)