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NOVELLA LIV
Cicerchia o i ventidua Ladri (Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)
Du' fratelli poeri andevano un giorno per uno al bosco a far legna, e accosì cercavano di buscacchiare alla meglio il campamento della famiglia, perché gli erano ammogliati e co' un branco di figlioli; e il fratello maggiore si chiamava Menico e il minore Gigiuccio. Toccava a Menico di sortire al lavoro, sicché lui, messo 'l basto e le ceste al ciuco, s'avviò là là in verso la macchia, e nel rammontare il seccume si dilontanò tanto ché fece buio, e per di più, nascette a un tratto una gran burrasca di pioggia, di toni e di saette da parere il finimondo. Menico, per ripararsi dal frùscio dell'acqua, legò il ciuco a piè d'una quercia e poi lui ripì dientro al folto delle rame, e 'gli aspettava che si rinsenerassi per ritornarsene a casa, e in quel mentre che lui steva lì gufato, in verso le dua doppo la mezzanotte, vedde vienire sotto la quercia un branco di ventidua ladri armati di stioppi e di stilletti, che si fermorno, e avevano addosso de' gran fagotti e sacchi pienati di robba. A Menico gli si scommosse il bubbolino dalla paura d'esser scoperto e dicerto ammazzato, più poi quando il capo-ladro trovò il ciuco e disse: - Ohé! qui c'è qualcuno in nella macchia. Si cerchi e dategli 'n sul capo 'nsenza misericordia. Per sorte un di quegli altri ladri s'oppose: - A quest'ora e con questo tempo chi volete che sia qui? Hanno lasso 'l ciuco i boscaioli e son faggiti. È più meglio nun lo toccare, che nun s'avveggano del nostro covo qua dientro. Il capo-ladro fu persuaso e accostatosi a piè della quercia scramò: - Cicerchia, apriti. [