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NOVELLA XLI
Orlandino (Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)
Un ragazzettaccio di nome Orlandino 'gli era rimaso insenza babbo e insenza mamma, e gli conviense cercar di pane. Un giorno che arrivò in una gran città, vedde certe stalle con dimolti cavalli dientro e affacciatosi disse al capo-stallieri: - Se volete ch'i' v'aiti, i' mi contento del mangiare. Sono un poero ragazzo, e' mi' genitori son morti, e s'i' trovassi uno 'mpiego tanto per il campamento sarebbe per me una gran sorte. Al capo-stallieri il ragazzo gli garbò a prima vista, ma gli arrispose: - I' sono anco io al servizio, e nun posso pigliarmi arbitri insenza 'l permesso del padrone. Aspetta un po'. Il mi' padrone è il Re e ugni mattina scende a riguardare i su' cavalli. Senti lui, e se dice di sì, i' nun m'oppongo. All'ora solita il Re andette per far la visita de' cavalli, e il capo-stallieri gli disse del ragazzo che cercava servizio, e siccom 'gli era lì presente, al Re pure Orlandino gli garbò e presto si trovarno d'accordo per contentarlo; sicché Orlandino subbito cominciò il su' 'mpiego di spazzare la stalla, strigliare gli animali, pulire gli arnesami e cose simili, e a poco alla volta il Re lo prendette Orlandino tanto 'n grazia, che dapprima lo volse credenzieri, e finalmente lo sceglié per su' camberieri fido a vestirlo e a tienerglisi sempre accanto, e con seco lo menava alle feste, alla commedia, agli spasseggi. Tutti quegli altri servitori della Corte in nel vedere la bona fortuna che era tocca in un mumento a Orlandino, chiappi dall'astio, forbottavano: - Bada! questo 'gnoto pitocco c'è monto 'n sul capo a noi che siem vecchi 'n questa Corte, e ci manca poco che lui nun comandi quanto 'l Re. E a no' ci tocca a stare zitti alle prutensioni di questo [342] strap