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321] disaudito. Dunque il giorno dell'adunanza ci viense anco Gianni con un traino alla reale, che nun ce n'era altri de' compagni, e nissuno potiede raccapezzarsi chi fusse quel gran signore e di che paese del Regno; ma in ugni mo' lo lassorno salire per insino 'n sala, e lui si mettiede a siedere assiem con gl'invitati, e quando poi cominciorno le prove per iscoprire il babbo della Principessa, il bambino insenza manco pencolare portava sempre la palla d'oro tra le mane di Gianni. Dice il Re: - Dunque vo' siete quello che ha 'mpregnato la Principessa mi' figliola? Arrispose Gianni: - Al parere 'gli è accosì, Maestà. La figliola del Re però nun stiede zitta, e principiò a urlare, che nun era vero, che lei nun lo cognosceva quel signore prutenzionoso, e che lei nun lo voleva per isposo; ma il Re la fece star cheta, perché la prova per lui era bona e intendeva di mantienere la su' parola, e subbito diede ordine di ammannire ugni cosa per le nozze della Principessa con Gianni. A questo comando risoluto la Principessa, perché Gianni non gli garbava punto, disse: - Almanco Sua Maestà m'accordi una grazia. Dice il Re: - È accordata, ma però a patto che tu sposi chi viense dal tu' figliolo trascelto per su' babbo. - Sposare, pur troppo! i' lo sposerò, - arrisponde lei, - ma che lui, prima di menarmi con seco, mi fabbrichi un palazzo con un giardino compagni al palazzo e al giardino reale e qui dirimpetto, che i' ci possa star dientro da par mio; e po' vo' anco sapere chi ènno i su' parenti. Gianni a queste domande della Principessa nun si sgomentò punto, e gli 'mprumesse che la contenterebbe subbito e a su' piacimento; e 'nsenza indugio andiede dal Pesciolino e lo chiamò fora:
Pesciolino, mi' amante, Saresti a me costante? Mi faresti la carità?
Per nun allungarla troppo, il Pesciolino fece apparire in nel mumento tutto quel che Gianni volse, e la mattina doppo, quando la Principessa si fu levata e che s'affacciò alla finestra, lei vedde un bel palazzo novo e con il su' giardino pieno di piante, di fiori e un bosco fitto di cedri, e nun ci mancava nulla e pareva [322] propio