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313] tratto se lo sentette trasficurire in una giovane testa di bufala. - Oh! mamma, mamma! - urlò quella poera sciaurata. - Ohimmeia, che disgrazia! Corrite, arrimediateci voi, che potete. Dice Testa di Bufala: - Che! io de' rimedi nun ce n'ho. 'Gli è il premio della disubbidienza codesto. Tientelo, che il tu' rimerito tu l'ha 'uto. Scrama la sposa disperata: - Oh! com'i' ho a fare quando il mi' sposo mi vede accosì imbruttita? Dice Testa di Bufala: - Gli convierrà tienerti. Tu sie' la su' sposa. Quel ch'i' posso fare per aitarti deccolo qui. Piglia questo velo e rinvoltaci dientro 'l capo. I' nun posso far altro. Insomma la sposa dovette a quel mo' risalire la scala e rientrare in carrozza a quel mo' imbacuccata con la scusa d'aver freddo; ma quando arrivò al palazzo e il Principe s'accorgette di quel mostro, nun la volse più vedere e la serrò a chiave in una cammera e deva a intendere a tutti, che lui la sposa la tieneva custodita per gelosia. La mamma del Principe però lo sapeva pur troppo quel che gli era successo e ci pativa, perché lui era divento malinconico; sicché gli disse un giorno: - Mandala via quella testaccia di bufala e pigliati un'altra moglie a garbo. Dice lui: - Sì che lo farei, s'i' potessi! Ma come si fa a mandar via questa bruttezza, se è la mi' legittima sposa? Arrisponde su' madre: - Il modo c'è. Dammi retta, ch'i' te lo 'nsegno io. Trascegli dua tra le più belle camberiere e mettile assieme con la tu' brutta moglie e comanda che loro in capo a otto giorni filino una libbra di lino per una; quella che lo fila più meglio pigliala per isposa. Il Principe fece accosì; trascelse le camberiere e le serrò in du' cambere disseparate e gli diede la libbra di lino a filare, e loro ci si messano propio d'impegno. Ma la poera sposa nun concludette nulla; steva ugni sempre a piagnere la su' mala sorte che gli era tocca per la su' smemoriataggine. Il sabbato sera piglia la sposa con seco un servitore e va a trovare Testa di Bufala e gli racconta de' comandamenti del Re. Dice: - 'Gnamo, via! Aitatemi in qualche mo', cavatemi di queste pene, voi che potete. M'ate ridotto accosì, e di fortunata ch'i' ero, per un mancamento insenza mi' volontà, i' sono la più sfortunata di tutte le donne. Arrisponde Testa di Bufala: - Ah! ti pare a te un mancamento di nulla quello della disubbidienza e quello della [314]