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dono. No più palazzo, no più mangiare né bere, e me tu non mi vedra' ma' più in questi loghi. Dice lui: - Vi correrò rieto 'n capo al mondo. Perdonatemi, via! Ma quella gli arrispose: - Che! Ma se te vo' riavermi, vieni a cercarmi dov'i' sto. I' sto nel Paradiso Terrestre. Ma bada, per arrivare insin là 'gli è difficile. C'è da valicare un ponte sottile sottile, e tre fabbri sotto gli archi fanno la guardia e bucano con un chiodo arroventato il temerario che s'arristia all'intrapresa. Pure, se ti rinusce di passare, doppo c'è un giardino, poi una viottola e 'n fondo un palazzo; quello 'gli è il mi' palazzo. Se verrai a capo di nentrare e trovarmi, allora ti perdonerò, e tu potra' restar sempre con meco. E profferite queste parole sparisce. Il giovanotto rimanette lì come ismemoriato; nun dormì più, da culizione nun più, niente c'era più in quelle parti; gli conviense andarsene, e per la via piagneva e sospirava nun sapendo addove arrivoltarsi per trovare il ponte del Paradiso Terrestre. Doppo camminato un bel pezzo a caso, riscontrò un vecchino, che in nel vederlo a quel modo mezzo ammattito gli domandò: - Che v'è egli successo? In dove andate voi? Dice lui: - Una gran disgrazia m'è successo. I' avevo trovo da star bene e ho tutto perso per la mi' curiosità. I' ero al possesso della più bella donna del mondo e m'è sparita dagli occhi, perché volsi cognoscerla al lume; e ora per ritrovarla devo fare delle cose 'mpossibili: passare un ponte sottile sottile con tre fabbri che bucano ugni temerario con un chiodo rovente e l'ammazzano 'nnanzi che sia di là. - Nun vi sgomentate per questo, - disse il vecchino, - che vi darò io un rimedio per i buchi de' fabbri. Tienete: questo è un unguento, e ugni volta che un de' fabbri vi fora con il chiodo, voi ugnete le piaghe e quelle subbito guariranno. Il giovanotto tutt'allegro prendette l'unguento, e doppo ringraziato il vecchino per la su' bontà, seguitò il su' viaggio, e cerca di qui, domanda di là, finalmente arriva al ponte del Paradiso Terrestre. A male brighe che i fabbri lo veddano da lontano, cominciano a soffiare ne' fornelli per arroventire e' chiodi, e sbergolavano: - Deccolo, deccolo il temerario! Vieni, vieni! Degli arditi ce n'ènno stati dimolti, ma a nimo gli rinuscì di passare. In ugni mo', il giovanotto, spinto dalla gran passione, si fece [