Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
279] su' ricchezza e si riducette quasimente al verde. Allora gli viense in capo di passar per un dottore, e capitato a una città, in dove sentì dire che c'era una ragazza, figliola d'un Re, tisica marcia, che nissuno l'aveva possuta guarire, lui credé di rinuscire a guarirla con la medicina del vecchino; e andato da quel Re, si profferse per quell'operazione. Fa preparare la stanza, il forno e la stipa, e serrato lì dientro con la malata, quando 'gli ebbe abbrustolito rosso il forno, ci buttò la ragazza a bruciare, e doppo tre giorni spazzò la cendere e la raccogliette in un mucchiarello. Ma per iscongiuri che profferì, tutto fu inutile: la ragazza viva e rinsanichita nun viense fora. Quegli della Corte, aspetta aspetta, finalmente volsan vedere quel che era successo, e come s'accorsano della ragazza incenerita a quel mo', nun fecian discorsi, chiapporno Pipetta, lo messano in prigione e lo condannorno alla morte. Andeva dunque Pipetta al supplizio, e per istrada piagnendo scramava ugni tanto: - Oh! i' avessi qui il mio vecchino! Ma i' me la merito la mi' sorte. I' lo trattai troppo male. Pacienza! Ma deccoti a una svoltata il vecchino apparisce vestito da gran signore; ferma le guardie e domanda: - Che è successo? Arrisposan le guardie col raccontargli il malestro di Pipetta, e che però il Re l'aveva condannato al taglio della testa. Dice il vecchino: - Via! rimenatelo arrieto che a questo fatto ci rimedio io. Accosì Pipetta fu rimenato al palazzo, in dove il vecchino volse che gli portassino quella po' di cendere rimasa dal bruciamento della ragazza, e con du' parole la gli viense fora viva e vispola, che era una maraviglia, sicché Pipetta rimanette libbero e se n'andiede assieme al vecchino dal Re. Dice il vecchino: - A questo giovanotto i' gli voglio un gran bene, e però glielo arracomando a Sua Maestà, abbeneché lui sia stato un po' scapestrato e dimolto bugiardo. 'Gli ha tavìa delle bone qualità. La conclusione insomma fu che Pipetta sposò la' figliola del Re, e doppo che questo moritte lui diviense il regnante di quel Regno.