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di festa era anco barbieri. Si sa, in campagna 'gli è facile, che uno cucia le scarpe e a tempo avanzato maneggi pure il rasoio. Con que' du' mestieri, tanto la vita in capo all'anno lui la campava bene assai. Ora 'gli accadette un giorno che quando il calzolaio lavorava lì accanito al su' bischetto, eccoti, gli comparisce davanti un signore vestito a garbo e dice: - Mastro Crispino, accomidatemi questi stivali. A male brighe che gliel'ebbe accomidi, dice: - La mi' spesa? - Oh! niente. - Come niente? - dice quel signore. - I' pago sempre chi mi serve. Quanto v'ho da dare? Dice il calzolaio: - Che vole! 'gli è una miseria, un'accomidatura di poco valsente. Faccia lei. - Ho capito e sta bene; - arrispose il signore. - Ecco, tenete per il vostro incomido, - e gli buttò in sul bischetto una muneta di cinque paoli. A' su' tempi 'gli usava sempre i paoli. Doppo pochi giorni, di festa, riappare il medesimo signore dal calzolaio e gli dice: - Mi vo' far la barba. Subbito il calzolaio piglia la catinella col sapone e un asciuttamano di bucato, e si mette all'opra. Quando poi lui 'gli ebbe finito, il signore gli disse: - Il vostro avere? - Una crazia, al solito, com'a tutti. - Ché, i' nun pago accosì: - e con questa risposta il signore gli diede quattro crazie al calzolaio. Figuratevi! al calzolaio nun gli parse vero di servire quel signore tanto splendido e che regalava a quel modo: sicché tra 'l calzolaio e il signore forestiero si fece grande amicizia; e il signore 'gli andeva sempre in bottega del calzolaio a chiacchierare e a passarci le su' ore. Dice un giorno il signore: - Sapete, mastro Crespino, in questo paese ci si sta bene. I' ci viengo per de' mesi tutti gli anni; mi garba dimolto il castello. E come le mi garbano le donne di questo castello! S'i' ne potessi trovar una secondo il mi' pensieri, anco poera 'n canna, eppure i' me la sposerei. La sarebbe una gran signora, sapete; perch'i' son ricco sfondolato. Vo' nun ci aresti mica da 'nsegnarmene qualcheduna? - Eh! gnorsì; - gli disse il calzolaio. - Qui di rieto a mene ci sta appunto una ragazza di nome Caterina, che propio sarebbe quella per lei. Una ragazza a modo, sa ella, di bona famiglia, abbeneché povera. Ma è di garbo. Doppo vari ragionari e' furno d'accordo, che il calzolaio [