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mi garba. Che ne fai accosì attorcigliato al collo? Arrisponde la Sposa: - I' ho freddo. Me l'ha dato la mamma per coprirmi. Arrivi però al palazzo nun ci fu versi di tiener niscosta la disgrazia, sicché al Re la su' sposa gli viense presto a noia, e tutta la Corte lo sbeffava per aver preso per su' moglie quel brutto Collo di Pecora. Al Re la scontentezza gli si vedeva dipinta 'n sul viso; 'gli era scontroso e arrabbiato con tutto il mondo e nun si divertiva più a nulla; la Regina su' madre badava a consolarlo, ma inutile, sicché finalmente un giorno sgomenta per il su' unico figliolo che nun gli s'ammalassi, gli disse: - Se te Collo di Pecora la vo' tienere, tienila pure, e insennonò rimandala e pigliatene un'altra di mogli. Ce n'èn' tante di donne, che basta volerne! Dice il Re: - Ma lei ène la mi' legittima sposa. Come si fa a mandarla via? Magari! s'i' potessi. Arrisponde la Regina: - Comando di Re. Nun conta nulla forse il comando del Re? E po' i' t'insegno io il modo. Tu ha' de mettere con Collo di Pecora dua delle meglio camberiere e le più belle del Regno, e dargli un canino cucciolo per uno. Termine se 'mesi, e quella che lo fa più bello il su' canino pigliatela per isposa. Nun ti dubitare, Collo di Pecora nun è capace di questo mestieri. Il Re dunque fece a mo' di su' madre. Collo di Pecora con du' camberiere giovani quanto lei e aggraziate furno messe in un palazzo co' tre canini e con obbligo di rallevargli, e a chi riusciva più bello, quella 'gli aveva da essere la sposa del Re. Le du' camberiere nun facevan altro che dargli da mangiare di boni bocconi a' su' cani, e pettinargli e lavargli tutte i giorni, perché ventassero lisci e puliti con il pelo lustrente, i al termine de' se' mesi quelle du' bestie parevano quasimente du' vitellini. Ma Collo di Pecora nun c'era avvezza a rallevare i cani, e nun sapeva come adoperarsi e nun gli fece nulla al suo canino: gli mettiede un sonaglielo al collo e po' piagneva dalla pena e dalla disperazione, sicché quella bestiuccia rimanette piccina piccina, che a mala pena poteva vedersi. Vienuti dunque al tempo della prova, la Corte 'gli era raunata in sala, e il Re comandò che portassino i cani che lui voleva sincerarsi del come gli avevano custoditi: ma quando viensano i cani delle camberiere, a quel modo grossi spropositati, nun gli garborno [271]