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NOVELLA II


  • Le Cento Sporte

(Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)


C'era una volta una balia di quelle brave, ché lei la volevano ugni sempre dappertutto a rilevare le creature in nei parti, e gli andeva anco lontano; e quando lei dibandonava la casa, la lassava in custodia a la su' figliola, che di nome si chiamava Caterina, e che era una ragazza a modo, aocchiata, che badava a sé, e faceva all'amore con un calzolaio di su' pari, che steva in nel medesimo castello che lei. Dunque, una mattina, disse la balia: - Caterina, e' m'hanno chiamo a ricôrre una creatura e stasera nun torno. Fa' vienire l'Assunta a tienerti compagnia: mettete su de' maccheroni e state allegre e svagate, che domani a qualche ora i' sarò a casa. Difatti la montò in barroccino e se n'andette. La Caterina, per nun istar sola, diede retta al comandamento della su' mamma e fece assapere all'Assunta, che era un'altra ragazza di su' età quasimente, che l'aspettava a cenare e a dormire assieme. In verso l'un'ora di notte l'Assunta comparse secondo il fissato, e le du' ragazze si messano a opra per ammannire i maccheroni. L'Assunta accese il foco, empiette d'acqua il paiolo e rastiò la spianatoia; infrattanto la Caterina, con un lume a mano, era ita a pigliare la farina nel buratto. Lei, insenza manco pensarci, apre il buratto, e dientro ci vede un omo con un barbone nero, du' occhiacci neri, con una facciaccia propio ispaventosa. Era un ladro. La Caterina stiede lì a un pelo per urlare; ma quell'omo gli disse: - Zitta, o tu sie' morta. Ma lei: - No. Il ladro imperò gli messe alla gola un coltello: - Se tu parli, [