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NOVELLA XXVII


  • I Figlioli della Campagnola

(Raccontata da Ferdinando Giovannini sarto)


Un certo Re, che lui era giovanotto e nun aveva che la su' mamma viva, ma vecchia e superbiosa, andeva accosì a spasso un giorno fora della città e capitò a una casuccia di campagna, addove ci stevan tre ragazze. Queste ragazze, tutte da marito, discorrevano intra di loro, sicché dalla finestra di terreno, che era spalancata, si sentiva dimolto bene ugni cosa che loro dicevano. E la maggiore diceva: - S'i' dovessi pigliar marito, io per me lo vorrei fornaio, perché allora nun mi mancherebbe ma' pane, che ora si pena a guadagnare, e le più volle ci tocca a star insenza. La mezzana diceva: - Io poi il marito lo vorrei calzolaio per nun andar più scalza né di state né di verno. E la piccina: - Per me il marito ha da essere il figliolo del Re; o quello o niente! E al primo parto i' gli farei tre allegrezze di figlioli: un bambino con i capelli d'oro, e du' bambine anco loro con i capelli d'oro, e di più con una stella luccichente in sulla testa. - Eh! dille grosse, almanco, - bociorno la maggiore e la mezzana, - che tanto che tanto 'gli è come bramare l'acqua in nel deserto. Il Re, che s'era fermato sotto alla finestra, sentuto questo curioso contrasto, gli viense voglia di cognoscere da vicino quelle tre ragazze, sicché dunque picchiò di repente all'uscio. - Chi è? Risponde il Re: - Degli amichi! Apritemi, che ho bisogno d'un bicchier d'acqua; i' ho tanta sete. Le ragazze gli aprirno e lui 'gli entrò dientro; e quand'ebbe bevuto il bicchier d'acqua, si mettiede a siedere in una scranna e principiò a domandare a [