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169] con meco, e ci vo' fare una pietanza ghiotta. Dunque, addio e siamo 'ntesi. Arrivedersi. L'Orco e la su' donna tornorno a casa e mantiensano la parola, perché tutti i mesi mandavano a' genitori della bambina una bella somma di quattrini, e robbe di vestuario, e cose bone e trascelte per mangiare. Ma quando la bambina ebbe cinq'anni, l'Orco viense a prenderla e fu tutto inutile, ché la volse con seco in ugni mo'; e quando l'ebbe porta a casa sua, la rinchiuse in una stanza dientro una torre, addove nun c'era per montarci su punte scale, e poi disse alla Catèra: - Custodiscila, ché nun gli manchi nulla, e bada che nissun la vegga e che lei nun iscappi quand'i' son fora per i fatti mia. E per poterla chiamare, lui gli diede nome Prezzemolina. Dunque la Prezzemolina, lassù serrata in quella torre, cresceva sempre più bella, e siccome chi la custodiva era la Catèra, la gli diceva mamma; e quando la Catèra voleva salire su in nella stanza a tienergli compagnia, chiamava dal fondo: "Prezzemolina, Prezzemolina! butta giù le trecce e tira su tu' madre." E la Prezzemolina gli ciondolava le trecce da una finestra e la tirava 'n vetta. Un giorno la Catèra dice: - Pettinami, Prezzemolina. Subbito la Prezzemolina prendette un pettine e si mettiede a scraticchiare i capelli della Catèra. Dice in quel mentre la Catèra: - Che ci trovi te, Prezzemolina? - Guà! che volete voi? Ci trovo dimolti pidocchi. - Brava, Prezzemolina! Sai quel che tu ha' da fare? - dice la Catèra. - Pigliagli questi pidocchi e mettigli dientro a un cannone di canna. Ti poterebbano abbisognare qualche giorno, perché a soffiarci nel cannone loro si spargano e nasce subbito una gran siepe addove cascano. E la Prezzemolina fece come voleva la su' mamma. Un'altra volta la Catèra urla dal pian terreno della torre: - Prezzemolina, Prezzemolina! butta giù le trecce e tira su tu' madre. E quando l'ebbe tirata su, la Catèra gli disse: - Ma s'i' avessi bisogno di star fora del tempo, che te saperessi fartelo da mangiare? - Io no, - gli arrispose la Prezzemolina: - e poi, addove sono le robbe da mangiare e le legne per cocerle? Dice la Catèra: - A tutto c'è rimedio. Piglia qui; ti do questa bacchetta fatata e chiedi pure a tu' piacimento, ché in ugni cosa sarà' subbito [170] contentata.